Non serve nulla di troppo complicato.
Nessuna tecnologia avanzata.
Solo il marmo, una spatola, un termometro, uno stampo e… le mani.
Sono gli unici “strumenti” che servono a Francesco Urbano, pastry chef chocolatier, nel suo laboratorio di Capurso, dove organizza anche corsi per professionisti e appassionati del settore.
L’ingrediente principale è una grande passione, quella per il cioccolato.
Artigianalità. Metodo. Precisione. Perché la pasticceria è così, è chimica. E Francesco, classe 1985 con alle spalle diversi riconoscimenti ed esperienze lavorative tra cui quella con Luca Montersino e Nestlé/Perugina come consulente, lo sa bene.
“La qualità sta nei piccoli numeri”, ci tiene subito a precisare.
È innamorato di tutti i suoi cioccolatini. Non può, non riesce a sceglierne uno. Sono tutti come suoi figli. Tutti belli e buoni, indistintamente.
E poi, il cioccolato, dice, è “un prodotto di fascia alta, come il caviale e lo champagne, che solo un particolare tipo di cliente sa riconoscere. Può essere di ottima o pessima qualità, soprattutto se il primo ingrediente che si legge sull’etichetta è lo zucchero”.
Francesco parte da un cacao monorigine del Venezuela, del Messico, della Papuasia. Il suo blend preferito è quello Icam, un’azienda che si occupa da generazioni della lavorazione delle fave di cacao.
Nei suoi cioccolatini non ci sono grassi derivati dal latte fresco e si possono conservare per mesi senza alterarsi.
Il risultato è un format estetico colorato e di precisione.
Si parte da una linea più semplice, più quotidiana, quella che comprende 10-12 cubetti in un vasetto di vetro oppure le barrette in cinque colori. Ma il colorante non c’è. Tra gli ingredienti il burro di cacao, il latte in polvere e il muscovado, uno zucchero di canna dal colore scuro non raffinato.
C’è la barretta nera fondente 72% con mandorla e semi di finocchio.
La bruna è con zucchero muscovado, tè nero e mais.
La bianca con pistacchio di Bronte e una punta di sale.
La gialla è invece preparata con il frutto della passione, nocciola e cardamomo mentre per la rossa la protagonista è la fragola accompagnata dalla mandorla cruda e da un pizzico di pepe rosa. Queste ultime due sono le più “preziose”. Il frutto della passione e la fragola vengono, infatti, mescolati in polvere, cioè liofilizzati – “e per la fragola non è un’operazione semplice” – agli altri ingredienti.
Le barrette hanno dato vita a una collezione di cinque tipologie pressoché uguali di praline confezionate poi in prestigiose scatole che un’azienda belga utilizzava udite udite per i gioielli.
Una selezione di più praline porta a una degustazione d’ensemble raffinata scritta a mano, all’interno della scatola, dal maître chocolatier in persona.
Tra le praline – manco a dirlo tutte collaudate, ma bisogna pur verificare la notizia – merita particolare menzione quella fondente con mandorla tostata e semi di finocchio. Un tarallo pugliese in versione cioccolatino, nato un po’ per gioco.
E c’è anche quella con cioccolato bianco, muscovado, mais e chicco di caffè Veronero pestato. Per un grande percorso di gusto.
Una bellissima idea regalo per fare un figurone.