La magia di una Puglia che si è mostrata in tutto il suo splendore, in un alternarsi gourmet di piatti e calici. Una Puglia da scoprire. Con una ricchezza enogastronomica inesauribile che meriterebbe più di sei stelle.
“Un due tre stella”, la cena a dodici mani, sì, dodici, quelle degli chef che hanno ottenuto la prestigiosa stella Michelin, si rifarà. Parola di Danilo Giaffreda, il Ventre dell’Architetto, tra la sorpresa – “sold out in meno di ventiquattro ore” – e l’orgoglio di una serata “voluta e desiderata da tanto tempo e finalmente realizzata”.
Giaffreda e Felice Sgarra, padrone di casa, sono stati l’anima della cena che si è tenuta il 12 marzo all’Umami e che ha visto trasformare la cucina del noto ristorante di Andria in un parterre di stelle. Ognuna, nel firmamento, con la sua storia, ognuna con la sua identità. A partire dallo stesso Sgarra e, ancora, Maria Cicorella (Pashà), Angelo Sabatelli (Ristorante Angelo Sabatelli), Teresa Buongiorno (Già sotto l’Arco), Leonardo Marco (Il Poeta Contadino) e Vinod Sookar (Al Fornello da Ricci, con Antonella Ricci assente giustificata per motivi di lavoro).
Una cena che va oltre l’evento mondano e che nasce sotto una buona stella. Anzi, qui le stelle sono ben sei. Una cena specchio della Puglia più bella, prestigiosa, rinomata, durante la quale sono stati serviti – un centinaio i presenti – i “signature dishes”, i piatti che portano la firma degli chef, che meglio li rappresentano e che li hanno rappresentati anche oltre i confini regionali e nazionali. “È l’inizio di una storia d’amore che pretendiamo nei confronti di chi trasmette ogni giorno con il proprio lavoro l’essenza della Puglia – ha detto Giaffreda – I prodotti migliori li conosciamo perché li cerchiamo quotidianamente ma anche perché li scopriamo nei piatti dei nostri chef. Li abbiamo chiamati per riunirli per una sera, per cucinare ciascuno un piatto che fosse un piatto icona della propria terra e del proprio modo di interpretarla, per raccontarne insieme la genesi, il significato e il messaggio. Perché è con i piatti, quella strana e meravigliosa alchimia che mette insieme alcuni particolari ingredienti e non altri, che questi signori sanno esprimersi e cercano consenso e riconoscimento. Il mio augurio è che questo evento diventi una stella cometa per tutti i cuochi, i ristoratori e per i giovani che operano nella nostra regione”.
Ogni piatto un percorso. Dalla melanzana arrosto di Angelo Sabatelli, emblema della sua cucina, accompagnata dal Gran Cuvée di D’Araprì. Una cucina che arriva da lontano. Dalle sue esperienze in Oriente. In versione tricolore, con pomodoro infornato, basilico e stracciatella di burrata. Un’idea nata precisamente a Shangai che ha visto diverse varianti e che in carta rimarrà così, il più semplice possibile, come confessa lo chef.
E poi l’uovo alle terme, da una tradizione giapponese appresa per caso da alcuni suoi clienti, con funghi cardoncelli su fonduta di caciocavallo di Teresa Buongiorno, servito con un Fiano de I Buongiorno. I giapponesi, secondo una tradizione tipica locale, farebbero bollire le uova nell’acqua delle stazioni termali. La temperatura dell’acqua permette di cuocere il tuorlo mantenendone il colore vivido e una consistenza cremosa, mentre l’albume diventa biancastro ma rimane un po’ liquido. Il risultato non è paragonabile né a quello dell’uovo in camicia né a quello dell’uovo alla coque, come spiega Buongiorno. Ne deriva un piatto contadino da cui traspare la grandezza della semplicità e la bravura stellata di una cottura perfetta, morbida e gradevole.
Il primo piatto è di una lady chef che ama mettersi continuamente in gioco. Maria Cicorella, di ritorno da Bilbao dove si è tenuto il primo forum del mondo food al femminile, ha preparato orzo, cacio, pepe e ricci, un piatto che ha racchiuso la dolcezza della polpa dei ricci esaltata dalla ricotta di capra e dalla sapidità della salicornia.
In tavola anche un altro primo, quello di Leonardo Marco. Un piatto della cucina mediterranea, ricco, profumato. Semplice, generoso e appagante. Una crema di ceci con paccheri ai frutti di mare e ceci neri. Al centro un sorprendente raviolo in gelatina con ricci di mare. In abbinamento con i due primi, il Pietrabianca di Tormaresca.
Caldi e morbidi i cubi di filetto di Vinod Sookar marinati, con animelle d’agnello scottate su vellutata di patate cotte sotto la cenere e chips croccanti di tuberi. In perfetto stile Fornello da Ricci. E in una cena stellata non poteva mancare un vino altrettanto prestigioso come Es di Gianfranco Fino abbinato al secondo piatto.
A Felice Sgarra e al suo staff, oltre all’ouverture, è stata affidata la chiusura della cena con il dessert accompagnato dal Dolce Rosalia di Giancarlo Ceci: un cannolo croccante con crema di mandorle frizzante. Una simpatica sorpresa. Perché per le generazioni degli Anni ’80-’90 la mente non può non volare immediatamente a quelle piccole caramelle, quei piccoli granuli che sfrigolavano in bocca per un po’ regalando un sorriso, un vero cult. Un tuffo nostalgico nel passato. Ma ora si guarda avanti. Per una Puglia migliore che ha tanto da mostrare e da offrire.