Ancora una volta serata riuscitissima quella di ieri da Roberto Capobianco. Ospite de “La Puglia a braccetto”, evento organizzato da noi di Puglia Mon Amour e Cantiere del Gusto giunto alla sua terza edizione, una regione davvero “hot”, la Calabria, patria dell’nduja un tipico salame morbido e particolarmente piccante conosciuto in tutto il mondo. Per palati davvero coraggiosi. Tra i salumi di suino nero calabrese del Salumificio Caputo di Casabona (Crotone) sul tagliere anche la soppressata in versione dolce e piccante, una vera e propria arte che rispetta una lavorazione rigorosamente artigianale. E ancora capocollo, salsiccia dolce e piccante.
I salumi calabresi sono andati a braccetto con i formaggi pugliesi del Caseificio F.lli Derosa di Gravina in Puglia (BA) che da oltre cinquant’anni produce, grazie a una materia prima d’eccellenza che proviene dalla Murgia, una serie di prodotti che vanno dal fresco, al formaggio da tavola e da cucina. Nicola Derosa ha portato il suo cavallo di battaglia, il Pallone di Gravina, un formaggio semiduro a pasta cruda filata, prodotto con latte bovino crudo. Nell’agosto del 2010 è divenuto Prodotto Tradizionale Regionale e nell’ottobre 2012 Presidio Slow Food. Nel 2015 il Pallone di Gravina del Caseificiio F.lli Derosa si è aggiudicato l’importante riconoscimento nazionale “Custode del Gusto 2015”. Originario dell’area di Gravina, da cui prende il nome, è prodotto principalmente in quella zona ma anche a Matera e sulla Murgia. La storia mista a leggenda racconta che il Pallone di Gravina veniva stagionato nelle gravine, una tipica morfologia carsica, incisioni erosive profonde anche più di 100 metri, molto simili ai Canyon. All’interno delle grotte naturali Calcarenite di Gravina, in cui veniva stagionato il pallone. E qui, grazie alle muffe nobili che si formavano e che attaccavano la scorza del prodotto stesso, veniva lasciato per diversi mesi.
In degustazione anche la scamorza affumicata con la paglia, una scamorza col peperoncino e delle mozzarelle a siero innesto.
Tra i piatti caldi preparati da Elena de Castro paccheri ai funghi porcini con tocchetti di soppressata – in molti hanno scelto di fare il bis – e agnello alla cosentina con olive e peperoni. Dulcis in fundo un tiramisù agli agrumi della Piana di Sibari.
Le portate sono state accompagnate dai vini pugliesi dell’azienda Tenuta Ripa Alta di Cerignola (Foggia) e dai vini calabresi Brigante Vigneti & Cantine di Cirò Marina (Crotone).
Per la prima era presente la produttrice brianzola trapiantata in Puglia Alessandra Leone che ha dato il via all’azienda nel 2013. Azienda che prende il nome da una località dell’agro di Cerignola, città natale del padre. La “Ripa Alta” è una ripa presente sulla riva sinistra del fiume Ofanto, sulla quale sorge una cappella che si tramanda essere il luogo del leggendario ritrovamento della Madonna di Ripalta, patrona di Cerignola. In tavola Il Mio Fiano IGT Puglia e il Sofista, un Nero di Troia top di gamma di Tenuta Ripa Alta, un vino a cui Alessandra dedica tempo e pazienza, prodotto in quantità limitatissima. Solo 1300 bottiglie ad annata.
I vini pugliesi sono stati affiancati da quelli calabresi dell’Azienda agricola Brigante, i cui vitigni sono situati sulle colline della storica Cirò, in provincia di Crotone, a pochi chilometri dal mare e alle pendici della Sila. L’azienda, che agli inizi dell’800 produceva il mosto destinato solo per il mercato di Reggio Calabria, agli inizi del ‘900 era dedita esclusivamente alla vendita dell’uva. Solo negli anni ’60 l’Azienda ha iniziato una propria produzione di vino destinata al mercato locale e sul finire degli anni ’90 ha deciso di organizzarsi in cantina per l’imbottigliamento. In degustazione l’Etefe, prodotto da sole uve Gaglioppo, il rosso principale dell’azienda, e il Manyari, prodotto da sole uve Gaglioppo, il rosato classico.
Prossimo appuntamento il 16 marzo con la Lombardia. Si sale a Nord.