Il seguente articolo è stato pubblicato sul numero speciale di FAX – Fiera del Levante 2017, distribuito all’interno dei padiglioni.
Nel 2016 anche i francesi si sono inchinati allo spumante italiano. Per la prima volta l’esportazione nel mondo delle nostre bollicine ha superato quella dello champagne. Un risultato di prestigio che parte senza dubbio dalle già celebrate produzioni del Nord Italia. In questo quadro confortante, però, spunta anche la Puglia, che negli ultimi anni si è lanciata positivamente nel mondo delle bollicine. E grazie a coraggiose aziende che hanno fatto da apripista in tempi non sospetti, oggi gli spumanti pugliesi si stanno ritagliando sempre più spazio e notorietà.
“Le bollicine della nostra regione non sono più una moda, ma una realtà in continua ascesa” spiega Giuseppe Cupertino, Wine Experience Manager del resort Borgo Egnazia e presidente della Fondazione Italiana Sommelier Puglia. “Sono sempre più le aziende pugliesi che inseriscono nel proprio portfolio produttivo una o più etichette da metodo charmat o metodo classico – continua Cupertino – Questo trend è spiegato da due fattori: il primo più strategico e commerciale perché all’estero i distributori chiedono una gamma completa di prodotti; la seconda, invece, è dovuta alla reale capacità di alcune aziende di produrre spumanti di altissimo livello”.
Una regione lunga e variegata la Puglia, tendenzialmente pianeggiante. Nonostante tutto, sulle rare alture, sono in crescita le aziende che si cimentano con le bollicine, anche in Salento. “Le aree più vocate sono sicuramente quelle in cui i terreni sono più minerali e le uve coltivate su altitudini maggiori – spiega Cupertino – Pertanto sicuramente il Subappenino Dauno con il Bombino Bianco e Nero, il Pinot Nero e il Montepulciano; la Valle d’Itria e la Murgia con la Verdeca, il Minutolo oppure il Marchione e senza escludere gli spumanti da uva a bacca rossa come il Negroamaro del Salento”.
Gli stranieri conoscono ancora pochissimo la spumantistica pugliese. Secondo Cupertino bisognerebbe cominciare a imparare dal Nord, senza però copiare. Bisognerebbe intanto acquisire “una propria identità aziendale e poi fare sistema come nei più noti territori di Franciacorta, Oltrepò Pavese, TrentoDoc e Valdobbiadene/Conegliano”.
“Le nostre bollicine potrebbero avere buone prospettive di crescita nel mercato globale solo se le aziende si riunissero in un reale sistema spumantistico ‘Puglia’ che, partendo dalla sperimentazione e dalla riscoperta di vitigni autoctoni adatti alla spumantizzazione, riuscissero a sviluppare una propria identità produttiva a cui applicare poi azioni di marketing mirato. Serve un prodotto nuovo, senza imitazioni o paragoni improponibili per storia e per metodologia produttiva ad altre realtà già affermate nel mondo” conclude Cupertino.
Gianvito Magistà