Salumi Santoro, l’artigianalità pugliese che viaggia nel mondo

Pubblicato il 28 Feb 2015 da Simona Giacobbi

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Professionalità, serietà ed esperienza. Sono gli ingredienti dei salumi d’eccellenza di un’azienda nota non solo sul nostro territorio ma anche al di fuori dei confini nazionali.
Le mani esperte alla costante ricerca della qualità e dell’armonia del gusto sono quelle del Salumificio Santoro nato nel 2000 nel cuore della Valle d’Itria. Dal noto capocollo di Martina Franca, re indiscusso della norcineria pugliese, alle pancette e ai salami. Tutti i salumi Santoro godono del microclima delle colline abbracciate da Cisternino, Locorotondo e Martina Franca. È la zona dei trulli. Quella dei boschi di fragno. Quella delle ghiande di cui si nutrono i suini in libertà. Una zona toccata dall’aria salubre dell’Adriatico e dello Ionio. Non è un caso che questi salumi siano speciali. Diversi. Unici.

Lo sanno bene Giuseppe Santoro di Cisternino e Piero Caramia di Martina Franca che iniziano dal basso, come garzoni nelle macellerie dei loro paesi di origine, 40 anni fa e dopo anni di esperienza e attenzione alla tutela della tipicità dei prodotti portano il salumificio ad avere un nome che non ha bisogno di presentazioni. Tanti i riconoscimenti ricevuti in questi anni. Il capocollo Santoro ha persino conquistato i noti magazzini Harrods di Londra. Tanti i bellissimi cesti regalo da migliaia di sterline impreziositi dal capocollo Santoro che acquistati forse da sceicchi o, chissà, forse dai Reali stessi d’Inghilterra, hanno fatto il giro del mondo. Un orgoglio per l’azienda e per la Puglia che si sta sempre più facendo strada nell’enogastronomia mondiale.
“Siamo riusciti a conquistare il mercato – spiega Santoro – grazie sì a buone politiche di marketing, ma anche e soprattutto grazie al prodotto. Al consumatore raccontiamo l’artigianalità con l’aiuto ormai indispensabile della tecnologia. Un investimento lungo dodici mesi all’anno”.

Accanto a Giuseppe e Piero i figli che si occupano dell’attività di famiglia. Con l’allegria, la spontaneità e i rossetti sgargianti di Angela e Micaela Santoro, #lesantorine, il salame e il capocollo Santoro entrano nei social e nel mondo fashion. “OpenCapocollo” e “Nonmibastamai”, il loro stile di vita. Ma oltre all’hashtag c’è di più. C’è un’azienda fatta di storie, sacrifici e passione.
Filetti lardellati, pancette arrotolate, capocollo di Martina Franca, guanciali e salami a staffa dolce o piccante o il casereccio della Murgia, la soppressata e ancora la pancetta arrotolata e tesa. Salubrità e genuinità le caratteristiche che legano tutti questi prodotti alla terra. Come l’aromatizzazione con “vino cotto” proveniente da uve del vitigno Verdeca, tipico della zona, e l’affumicatura con corteccia di fragno. L’azienda, inoltre, fa parte dei produttori dell’Associazione del Capocollo di Martina Franca Presidio Slow Food che tutela il salume caratteristico della cultura gastronomica del territorio.

“Per fare questo insaccato utilizziamo un maiale adulto di 150-170 kg – spiega Piero – Si lascia la carne in macerazione con sale e pepe e poi a bagno nel vino cotto per un paio di ore. Per dargli il sapore della nostra terra. Si massaggia. Si dà la forma a cono. Ancora un po’ di pepe e poi si insacca nel budello naturale”.
Il legame con il passato e le tradizione è forte. “Facciamo il capocollo come si faceva centinaia di anni fa – continua Piero mentre mostra a Puglia Mon Amour l’intero processo di lavorazione – con un solo legamento alla testa del capocollo. Per fare aderire il budello alla carne usiamo due calze, la prima liscia in modo da non lasciare rigature. E la seconda un po’ più elastica per stringere il pezzo. Se non lo stringessimo entrerebbe l’aria tra il budello e la carne con il rischio di rovinare il capocollo. Si punge per fare uscire l’aria e si lascia quindi appeso a sgocciolare”.

Cominciano così le restanti fasi della lavorazione che precedono la vendita. “Si inizia con l’affumicatura per un paio di giorni utilizzando il mallo della mandorla e il fragno – spiega Giuseppe Santoro – Si passa quindi all’asciugatura che parte con una temperatura molto alta sui 25 gradi, con un’umidità bassa. Si verifica, a campione, la solidità del prodotto toccandolo. Lo svestiamo per vedere se ha preso il giusto fumo e se sta asciugando bene”.
Due le celle di stagionatura e due quelle di affinamento per salumi e capocolli dove si conclude il ciclo di cinque mesi. “La media del tempo è da calcolare in base alla pezzatura. I tempi sono legati all’esperienza. Non è facile in quanto tutti questi prodotti non hanno le stesse caratteristiche e i controlli sono quotidiani. Per ogni prodotto – tiene a precisare Santoro – rispettiamo tradizione e disciplinare. Ognuno è consapevole della propria forza. Nessuno può essere uguale all’altro. Stiamo portando avanti un percorso di valorizzazione del prodotto ma è importante fare qualcosa che sia nella propria portata. Dettagli che il mercato premia. E al centro c’è sempre il prodotto. Non si può sbagliare su ciò che identifica tutti. Altrimenti si rischia di farci male. II mercato si conquista grazie a tutti – conclude Santoro – ma lo si può perdere anche per colpa di uno solo”.

Giornalista professionista, laurea in lingue e letterature straniere e un master in Social Communication. Piacentina d’origine, pugliese d’adozione dal 2012, cresciuta a tortelli e gnocco fritto, impara a cucinare in Canada, a Toronto, dove ha vissuto sei anni e dove ha lavorato per il quotidiano italiano Corriere Canadese. Oltreoceano scopre una diversità culinaria etnica senza confini. Da allora la sua vita cambia. Cucina e ristoranti diventano luoghi interscambiabili di idee, progetti, tradizioni e passioni. Ama assaporare, provare, gustare. E fare foto. Conduce su Telenorba e TgNorba24 la trasmissione “I colori della nostra terra”, un programma che parla di ruralità, agroalimentare ed eccellenze enogastronomiche della Puglia. Ha collaborato con I Love Italian Food e il Cucchiaio d’Argento ed è spesso chiamata a far parte di giurie di eventi a carattere enogastronomico e di concorsi legati al mondo della pizza. Recensisce pizzerie per guide cartacee e online. Nel 2011 crea Pasta Loves Me, un blog che parla di lei, di pasta, food e lifestyle. È fondatrice e responsabile di Puglia Mon Amour, un’avventura che vive con gli occhi curiosi di turista e l’entusiasmo di un’innamorata per una terra che regala ogni giorno emozioni, genuinità e solarità. Ha la pizza napoletana nel cuore e tutto quello che rende felice il suo palato. E vive con una certezza: la pizza non le spezzerà mai il cuore.

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