La differenza tra un vino giovane e uno invecchiato, come si conserva, il colore dei tappi di sughero, l’abbinamento con i formaggi. E ancora come si preparano le orecchiette e il significato di km zero e agricoltura sostenibile. È stata una vera e propria lezione di antropologia del cibo, dell’identità italiana, e in particolare mediterranea, quella tenuta da Peppe Zullo a dieci studenti della University of Rhode Island. Accompagnati da Rosaria Pisa, professoressa di origini napoletane, i ragazzi, dopo un soggiorno a Napoli, hanno fatto tappa a Orsara di Puglia, in provincia di Foggia, per il progetto estivo “Sustainable agriculture and local food cultures of Italy”.
“Dalla terra alla tavola” il concetto che ha voluto trasmettere ai giovani studenti americani Peppe Zullo, conosciuto in tutto il mondo e definito da Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, lo chef-contadino, spiegando le tematiche legate all’agricoltura e all’evoluzione delle culture alimentari e utilizzando nelle sue dimostrazioni i prodotti ricavati direttamente dall’orto e dai vigneti di Villa Jamele.
Un viaggio tra i sapori pugliesi, degustazioni, visite guidate e lezioni di cucina.
“È importante insegnare il rapporto con le materie prime e come noi italiani ci rapportiamo con il cibo, anche se non è semplice dal momento che la cultura europea è molto diversa da quella americana”, ha detto Peppe Zullo durante la verticale dei suoi vini Ursaria e Aliuva in una delle sue cantine.
Gli studenti hanno potuto sorseggiare i vini dello chef partendo dall’annata del 2013, ancora in botti di acciaio, per continuare con un vino del 2005 già vincitore di un premio nella sua categoria a Los Angeles. Per proseguire con un 2003 di facile abbinamento con “formaggi come il canestrato o una carne importante, cinghiale o vitello podolico” e un 2001.
“Il vino non è solo vino. È allegria e convivialità” spiega lo chef ai ragazzi intonando “Lu Maritiello” di Tony Santagata. Il tutto accompagnato da vari formaggi tra cui caciocavallo podolico, caciobarile, pecorino.
“Non abbiamo solo bevuto e mangiato in ottima compagnia – ha aggiunto Peppe Zullo – ma abbiamo fatto cultura. La cultura del vino, del cibo. Questa è antropologia del cibo. Mangiare non è solo riempire il vostro corpo, ma è nutrire la vostra mente”.
“Quando i miei studenti torneranno negli Stati Uniti – ha detto Rosaria Pisa – dopo questa esperienza non compreranno mai più una bottiglia di vino nello stesso modo”.
Entusiasti i ragazzi che il giorno seguente hanno potuto visitare la tenuta di Peppe Zullo, vedere, toccare, annusare, gustare e raccogliere le diverse piante, i fiori ed erbe spontanee, dal melograno ai frutti di bosco, coltivati nella splendida Villa Jamele. Per poi impastare acqua e diverse farine tra cui quella di grano arso – “un tempo elemento della cucina povera pugliese, riscoperto ai giorni nostri e molto apprezzato” – e provare, incredibilmente con ottimi risultati, a preparare orecchiette, cavatelli, tagliatelle, cucinate poi dagli chef Alessio, Biagio e Antonio e degustate con diversi condimenti.
Un modo sicuramente singolare per i giovani americani di scoprire il nostro territorio attraverso i suoi sapori, puntando sulla freschezza e la stagionalità dei prodotti utilizzati. Un’esperienza di cui, come hanno confermato i ragazzi, parleranno per sempre una volta tornati a casa.