Sale, sole e sapore. A volte bastano pochi ingredienti e semplici per fare di una ricetta una grande emozione. Sono quelli di Cuor di Mare, il sale marino extravergine 100 per cento di Atisale. E ce li racconta Federico Francesco Ferrero, visionario del gusto, nostalgico dei sapori, innamorato della Puglia e dell’Egeo.
Ospite dello stand Cuor di Mare durante Cibus, la fiera internazionale dell’enogastronomia che si è tenuta a Parma, il medico chirurgo e nutrizionista, vincitore della terza stagione di MasterChef racconta a Puglia Mon Amour la sua esperienza, i suoi ricordi pugliesi e il suo libro, nel quale ha racchiuso passione e ricette.
La Salina è situata su una pianura del Tavoliere delle Puglie che si affaccia sul Mar Adriatico. È la più grande d’Italia e una delle più vaste dell’intero bacino mediterraneo. Federico l’ha visitata tre anni fa. Una riserva naturale per fenicotteri rosa, pesci e vegetali in via di estinzione. Un rigoglioso ambiente incontaminato nel cuore dell’incantevole panorama pugliese di Margherita di Savoia che gli è “rimasto nel cuore”.
“Sono qui a Cibus per raccontare una storia che ho vissuto personalmente – dice – È una bellissima oasi naturale dove si possono trovare gamberetti rossi alofili che vivono nell’acqua molto salata, vengono mangiati dai fenicotteri che a loro volta assumono il loro tipico colore rosa. È un luogo incredibile, dove cresce la salicornia e dove vivono molte specie di uccelli marini. E pensate che il lavoro si fa ancora a mano, dal 200 aC. Insomma, un posto magico”.
Della Salina ne parlò anche Plinio il Vecchio. “Il sale che si raccoglie è molto sapido, molto persistente con un finale dolce. Ha un’alta solubilità nonché un maggiore potere salante rispetto al salgemma”.
A pochi mesi dal lancio sul mercato Cuor di Mare, di cui esiste anche la versione iodata, ha ricevuto il premio internazionale “Eletto Prodotto dell’Anno” per la categoria prodotti da condire. Viene raccolto attraverso un processo di estrazione naturale e tradizionale che rende il sale unico per la sua sapidità autentica e per la complessità degli elementi che lo differenziano da tutti gli altri tipi di sale.
A Federico piace viaggiare. Viaggiare tra i sapori attraverso ricette da provare e da rielaborare. Il suo libro “Missione leggerezza” è proprio questo. Una conversazione sul cibo tra intense suggestioni e immagini evocative. Un libro riccamente illustrato con tutti i piatti vincenti della sua sfida televisiva e numerose varianti vegane delle ricette proposte. E se si parla di leggerezza il suo pensiero vola alla Puglia. “È una regione straordinaria. Avete il miglior pesce d’Italia e una cucina di verdure che io amo. Quando la verdura incontra il brodo e la pasta scatta una magia che c’è solo in Puglia”, dice.
Nel suo libro c’è un intero capitolo sull’Egeo. “Sono isole dove vado spesso, dove nasce la cucina della Bibbia, della poesia ellenistica, di pochi prodotti ma semplici, sole, grano, formaggio fresco di capra, olio ed erbe spontanee, miele, vino e null’altro. E tutto questo – precisa Federico – passa in Puglia”. E racconta che il pomodoro cominciò a prendere piede solo verso la seconda metà del 1600. Presto, la coltivazione dell’ortaggio si diffuse a macchia d’olio e, trovando le condizioni climatiche più favorevoli, il pomodoro modificò la propria veste da giallo dorato, il “pomo d’oro”, all’attuale rosso rubino.
“Da tutto questo nasce la cucina italiana – continua Federico – La cucina pugliese è l’antica cucina greca, quella del mondo da dove noi tutti veniamo. La pasta che avevano già i greci, seppure in altre forme, era molto brodosa, cucinata con verdure spontanee, come per esempio il cavolo, con un po’ di olio e formaggio di capra. Sono cibi ancestrali che ci riportano indietro nel tempo e che sono straordinariamente sani, a cui si aggiungono legumi e il vostro meraviglioso pesce. Pesce che, però, non faceva parte delle isole greche che, come la Sardegna, erano zone dedite alla pastorizia e non esisteva la cultura della pesca. I mercanti, invece, portarono in Puglia un prodotto da forno buonissimo, il ‘ntakos’, un pane integrale biscottato e secco che oggi tutti noi conosciamo come frisella. Quando nel forno c’era già stata la prima cottura, con il calore residuo si infornava e poi si tagliava a metà con un filo. Veniva quindi fatto un buco in modo da poter essere appeso alle navi. Era particolarmente disidratato e non ammuffiva”.
Per assaporare al meglio la frisella, suggerisce il vincitore di Masterchef, occorrerebbe immergerle in acqua di mare, proprio come facevano e fanno ancora i pescatori. “E sopra… verdure e un filo d’olio. Una volta si aggiungeva ricotta e origano selvatico. Questa è la dieta mediterranea, frugalità e cereali integrali”.
Federico non viene spesso in Puglia. “Purtroppo”, ammette. E spiega che “la memoria del cibo è legata al ricordo sì del sapore ma anche dell’immagine”. “Memorizzo il gusto. Immagino i piatti prima di prepararli e assaggiarli. Tutti i piatti che ho fatto a Masterchef non li avevo mai cucinati prima. Avevo invece associato il sapore all’immagine”.
E a proposito di emozioni del cibo, ricorda ancora la nonna di una sua amica che lo ospitò a Lecce. “Con grande umiltà si mise a impastare la semola e a prepararmi le orecchiette. Ricordo il profumo del broccolo, l’acciuga, un brivido d’aglio, l’olio, l’orecchietta scolata e adagiata in quella zuppiera bianca decorata di blu con il gallo. Ricordo il vento sulla terrazza, un vento di Marrakesch, c’era aria d’Africa. La vostra Puglia è straordinaria”.