Domenico Lampedecchia. Classe 1974. Originario di Bisceglie. La sua è una vita da chef a tutti gli effetti. Sperimentazione, ricerca e innovazione sì. Ma anche e soprattutto tradizione. I consigli di papà Angelo, maestro di vita, e la valorizzazione dei prodotti della propria terra, la Puglia, nella cucina della mamma da cui Mimmo trae ispirazione ogni giorno.
Inizia a cucinare da giovanissimo. Tenacia e umiltà, le parole d’ordine. Ora lavora presso il Casale San Nicola Banqueting & Resort. Si ispira a grandi chef, come Gualtiero Marchesi, il padre della cucina. E ha un sogno nel cassetto, quello di molti.
Domenico dove nasce il tuo legame con il cibo e la cucina?
“Nasce osservando alcune caratteristiche fondamentali: i colori, i profumi degli alimenti. Mi piace trasformare con le mie mani questi colori e alimenti in piatti che diventano delle vere e propie opere d’arte”.
A che età hai cominciato a cucinare? Hai dei ricordi particolari?
“Direi molto presto, ero giovanissimo quando ho fatto le mie prime esperienze tra i fornelli. Ricordo le mie piccole responsabilità e la tenacia, la voglia di imparare che si faceva sempre più intensa. Ho avuto anche la fortuna di essere affiancato da professionisti che mi hanno trasmesso l’amore per questo mestiere, pieno di sacrifici ma con grandi soddisfazioni”.
C’è uno chef che per te è fonte di ispirazione?
“Ce ne sono tanti, direi che alcuni professionisti oggi affermati hanno come giusto che sia una propria filosofia di cucina ma preferisco la cucina tradizionale. Ad esempio faccio il nome di Gualtiero Marchesi, il padre della cucina classica che sa mantenere la tradizione trasformando i suoi piatti nel modo contemporaneo”.
Pochi giorni fa c’è stata la finale di Masterchef. Tu hai partecipato a diversi programmi tv. Che cosa pensi dei cuochi star e del mondo della cucina sul piccolo schermo?
“Io penso che ormai anche gli chef in tv siano famosi quanto gli attori…però dico che comunque fare cucina in tv è una cosa seria. Mi spiego. A volte vengono lanciati messaggi dal piccolo schermo non corretti, improvvisati. Quindi secondo me prima di tutto bisogna avere una buona conoscenza della materia prima e soffermarsi su messaggi mandati da veri maestri della cucina italiana o ancora imparare dalle nostre mamme e nonne”.
Il tuo primo piatto da chef?
“Ho almeno un paio di piatti ispirati ai miei sapori dell’infanzia. Il mio primo piatto è stato una rivisitazione della favetta e cicorie. Ho creato una crema di favetta e cardoncelli, budino di rape, polpettine di pesce azzurro e ristretto di cipolla rossa cotta in forno. L’altro è una versione dolce, la classica parmigiana di melanzane dolce stratificata con ricotta di pecora, mandorle tostate di Toritto e vin cotto di fichi. Profumi e sapori che mi ricordano un po’ l’infanzia.
Qual è la prima cosa da imparare in cucina?
“L’umiltà. Osservare e imparare, la ricerca continua, il rispetto verso gli alimenti che si manipolano. Diventare padroni del proprio mestiere attraverso l’esperienza maturata”.
Quanta pugliesità c’è nei tuoi piatti?
“Direi quasi tutta. Riesco ad elaborare la materia prima, rispettando la stagionalità del prodotto, sfruttando al meglio il loro gusto. Piatti nati da una cucina di ricerca, i miei piatti proposti sono in linea con la struttura dove opero. La tradizione va bene ma con innovazione. Le linee guida che seguo sono creatività, classicità e ricerca. Creativa senza esagerare, senza sovrapporre tanti gusti facendo confusione. Classica perché mi piace abbinare i sapori della cucina classica, trasformandola in chiave moderna, inserendo alcuni alimenti del mediterraneo e aggiungere note speziate e profumate al piatto. Infine ricercare i sapori di un tempo. Un piatto non sempre bello può essere buono, ma a volte può essere bello ma non buono”.
Quanto ritieni sia importante portare avanti la tradizione?
“Certamente tutto ha un limite, ma di certo la tradizione non vedrà a mio modesto parere nessun tramonto. Dobbiamo noi operatori del settore essere bravi a far sì che tutto questo non venga soppresso. Sono convinto che la tradizione troverà sempre uno spazio nei nostri piatti”.
Che piatto prepareresti per un turista che vuole provare la cucina pugliese per la prima volta?
“Inizierei con un percorso di benvenuto con delle pettoline calde aromatizzate di vari gusti, dalle acciughine sotto sale ai pomodori al sole e alla focaccia. Il tutto accompagnato da un’insalatina di peperoni arrosto, primosale e cipolla rossa. Poi passerei alle classiche ormai intramontabili orecchiette e cime di rapa che ormai tutto il mondo conosce. Come secondo gli farei un capretto delle masserie con cardoncelli delle Murge alle patate di Zapponeta e carciofi di San Ferdinando. Per finire un dessert… la mia provocazione: Parmigiana dolce di melanzane e vin cotto”.
Hai un sogno nel cassetto?
“Beh penso come tutti coloro che amano questo mestiere, che hanno raccolto le mille esperienze sacrificando anche la propria famiglia visto i tanti impegni. Sì il mio sogno sarebbe avere un locale tutto mio”.